Storia sul razzismo

Una giovane mamma siede sull'autobus col bambino in braccio, accanto a un anziano. Arriva la sua fermata. Chiede all'uomo di alzarsi, perché non riesce a passare col bimbo. Si rivolge al figlio, in arabo, spiegandogli che devono scendere. L'anziano capisce che sono stranieri, non si vuole spostare, urla: "Voi non sapete fare altro che bambini". E' una delle tante storie di ordinario razzismo quotidiano che è facile osservare nelle città italiane. Storie minori, che difficilmente trovano spazio nelle cronache, ma che vale la pena di raccontare, perché forse il sempre più diffuso orgoglio di essere italiani dovrebbe farci i conti: perché resti un'espressione di sano patriottismo, piuttosto che di strisciante sciovinismo. Una nonna cammina con la nipote sul marciapiede. La piccola, due anni, boccoli biondi, attira l'attenzione di un uomo che la saluta. La nonna dice alla piccola, rivolgendosi a lei in polacco, di rispondere al saluto. L'uomo allora prende a gesticolare vorticosamente, dicendo "no, no" e scappa via. Un giovane di colore è sull'autobus. Passa il controllore. Lui mostra il tesserino di richiedente asilo, convinto che quello gli garantisca il diritto di viaggiare sui mezzi pubblici. Non parla italiano. Il controllore non sa, verifica a cosa dia diritto il tesserino chiamando al telefono i colleghi. Non basta, non si può andare in bus con quello. Sventola il tesserino in faccia al giovane, chiedendogli in italiano, alzando la voce, se si è fatto spiegare a cosa serva il tesserino. Il giovane non capisce, pensa che glielo stia restituendo e fa per prenderlo. Il controllore inizia a urlare di tenere giù le mani, e minaccia di chiamare la polizia. Una mamma entra in uno spazio bimbi con la figlia e il cane. Il cane non sarebbe ammesso. Ma in molti se lo portano dietro e lo legano in un angolo mentre il bimbo gioca. Lei entra, nessuno ha da ridire, tutto come al solito. Finché la donna non si rivolge alla figlia, in romeno. Gli altri genitori realizzano che mamma e figlia sono straniere. E allora scatta il rispetto della regola. Con aggressività e disprezzo la donna viene apostrofata: le dicono che non può fare quello che le pare, porti immediatamente fuori il cane

Commenti

  1. Stefano, purtroppo il razzismo produce sempre storie sgradevoli...ma perchè non hai commentato?
    Sarebbe bello leggere un tuo commento !...Attendiamo...

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari